Rita Granata morta a Napoli, il fratello Luca: «Non riavrò mia sorella ma ora voglio giustizia» (2024)

«Vogliamo giustizia e l'applicazione di leggi severe da parte dello Stato affinché non ci debbano più essere genitori, fratelli e sorelle tormentati dal dolore che stiamo provando noi». Lo dice con lucidità e grande forza d'animo nonostante la voce rotta dalla commozione Luca Adamo Granata, fratello della 27enne Rita investita mortalmente da un'auto in corsa, domenica scorsa a Fuorigrotta. Il 24enne racconta al Mattino come la vita di ciascuno di loro sia stata, oramai, stravolta per sempre.

Come ha saputo dell'investimento?
«Ero a casa, a Fuorigrotta, dove abito con i miei genitori, che si trovavano fuori Napoli, mia sorella di 7 anni e Rita che domenica sera era andata a ballare con le sue amiche. Ero rincasato verso le tre del mattino e, intorno alle quattro, ho sentito bussare al citofono convinto che fosse mia sorella che aveva dimenticato le chiavi di casa. Quando ho risposto, invece, ho sentito la voce di una ragazza che mi diceva: Rita ha avuto un incidente, è stata investita la stanno portando in ospedale. Mi sono precipitato sul luogo dell'investimento, vicino a casa nostra, in via Leopardi».

Cosa ricorda di quel momento?
«Ho provato paura, rabbia e tristezza ma ho pensato di dover mettere da parte le mie emozioni per aiutare mia sorella che era già stata trasportata in ospedale. Quando mi sono avvicinato al gruppetto di persone, dove c'era anche il taxi che l'aveva accompagnata a casa prima dell'investimento, ho spiegato che ero il fratello e volevo capire cosa fosse successo. L'amica di Rita era scossa, quasi in preda a un attacco di panico, per cui ho provato a tranquillizzarla e mi sono fatto raccontare l'accaduto. Mia sorella era scesa dal taxi, salita sul marciapiede e stava attraversando sulle strisce pedonali quando è stata presa in pieno da un'auto in corsa. Subito dopo il conducente del taxi si è posizionato in modo da fare da scudo a Rita, così come altre auto e scooter che hanno creato una specie di muro. Per questo li ringrazio, quel gesto le ha dato una speranza di sopravvivere».

Quando si è reso conto della gravità delle condizioni di Rita?
«I dottori dell'ospedale San Paolo mi hanno detto che era arrivata in condizioni gravissime, soprattutto per il forte trauma cranico che le aveva fatto perdere molto sangue. Il quadro clinico era tragico ma il personale ospedaliero stava cercando di stabilizzarla, successivamente c'è stato il trasferimento al Policlinico Umberto I di Nocera Inferiore, il primo posto disponibile nel reparto di Neurochirurgia con Rianimazione. Tutta la mia famiglia si è ritrovata lì, dove abbiamo avuto la possibilità di vederla, sebbene stesse in coma. I medici hanno fatto di tutto per salvarle la vita. Quando era in Rianimazione, le ho parlato dicendole tutte le cose che non le avevo mai detto, volevo darle coraggio, lei è sempre stata più forte di me».

Lei insieme a tutti i suo i familiari ha chiesto giustizia per sua sorella.
«Come famiglia crediamo nello Stato ed è proprio lo Stato che deve dare risposte chiare e pene esemplari, senza fare sconti a chi è stato l'esecutore materiale di un omicidio. L'auto può essere sia un mezzo utile che un'arma in mano ad assassini, perché non si può pensare di correre a tutta velocità senza la possibilità di fare del male a se stessi e agli altri. L'auto che ha investito Rita correva così veloce che mi hanno detto di non essere riusciti a vederne il colore. Questo non vale solo per mia sorella ma anche per Sara Romano, investita lo stesso giorno e per tutte le altre vittime di investimenti mortali. Nessuno potrà restituirci i nostri cari ma gli autori del loro omicidio devono pagare. Oltre questo, riteniamo altrettanto importante la prevenzione: dossi stradali, attraversamenti rialzati e la presenza delle forze dell'ordine. Via Leopardi è pericolosa».

Chi era Rita?
«Parlo al presente di mia sorella. È come se fossi ancora nel mio letto ad aspettarla mentre rientra e fa rumore aprendo la porta di casa. Rita è bellissima dentro e fuori, è una forza della natura. Una laurea da 110 e lode all'Università Orientale, un lavoro fatto con passione e impegno per una grande azienda informatica. Una ragazza dolce e attenta al prossimo. Abbiamo condiviso un'esperienza politica, candidandoci con Alessandra Clemente sindaco alla X e V municipalità, lei si impegnava costantemente per il territorio. Praticava il judo ed era diventata presidentessa di giuria, ora il comitato judo campano le ha conferito una cintura nera primo dan per onorarne la memoria».

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