Rita Atria, 25 anni dalla morte: «Anche lei vittima di via D'Amelio» (2024)

Si fidava solo di Paolo Borsellino. A lui aveva confidato i segreti di una famiglia mafiosa: la sua. Decidendo, con coraggio, di lasciare tutto e diventare una testimone di giustizia. Una settimana dopo l'attentato di via d'Amelio volò giù dalla finestra del suo appartamento in una via della periferia romana: viale Amelia. Venticinque anni dopo, Rita Atria è stata ricordata da testimoni di giustizia, magistrati, vittime e artisti che hanno dato vita alle sue parole lasciate scritte in un diario: «Tutti hanno paura, ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e che quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi». Un evento emozionante al termine del quale l’Associazione contro le mafie Rita Atria, che lo ha organizzato, ha chiesto che le venga data, alla memoria, la cittadinanza onoraria di Roma, la città in cui era iniziata la sua nuova, brevissima, vita.

La piccola donna che incastrò i boss

«Conosciamo tutti le vittime della strage di Via D'Amelio eppure ne dimentichiamo sempre una. Rita Atria aveva solamente la colpa di essere nata in una famiglia mafiosa», scrive su Facebook il presidente del Senato Pietro Grasso. Rita Atria non aveva ancora compiuto 18 anni quando scelse di passare dalla parte dello Stato. Rinunciando a ogni legame, persino sua madre che la ripudio' e distrusse a martellate la sua lapide. Non aveva nulla di cui pentirsi. Ma conosceva la mafia da vicino. Le aveva già portato via il padre, Vito Atria, boss della cosca di Partanna, ucciso nel 1985 quando lei aveva ancora 11 anni. E si era presa anche il fratello più grande, Nicola, diventato per Rita un punto di riferimento: dopo aver partecipato alle dinamiche delle cosche, e avergliele raccontate, anche lui era stato ucciso in un agguato. La moglie di lui, Piera Aiello, presente all'omicidio, denunciò gli assassini. E Rita parlò. Ma solo per la fiducia che le seppe infondere Paolo Borsellino, all'epoca procuratore di Marsala. Le testimonianze della ragazza , e quelle di sua cognata Piera, affilarono le armi della giustizia, che riuscì ad arrestare numerosi boss e affiliati di Partanna, Sciacca e Marsala. Ma poi Borsellino venne ucciso e Rita venne lasciata sola. La trovarono morta sull’asfalto. Secondo le indagini si trattò di suicidio.

«La Rai sblocchi il film censurato su Rita Atria»

Negli anni questa piccola donna che fece una scelta così grande e dolorosa è divenuta un'icona della battaglia delle donne contro la mafia. Ha ispirato piece teatrali e due film. Il primo, “Non parlo più”, del regista Vittorio Nevano, protagonista nei giorni scorsi di una proiezione-evento a Monaco di Baviera che ha riscosso un notevole successo, è oggetto di un appello dell’associazione Rita Atria: «La Rai deve sbloccare quel film. Non lo manda in onda, lo censura, non vuole concederne copia - denuncia Nadia Furnari, vicepresidente dell’associazione - Invece noi abbiamo visto con i nostri occhi l’effetto positivo che ha sui ragazzi delle famiglie mafiose e dello Zen. Fa proprio ciò che chiedeva Rita: “andate fra quei ragazzi e dite loro che fuori c’è un altro mondo”».

«Può esistere un mondo onesto?»

Il diario di Rita offre spunti di riflessioni intense, cui la morte di Borsellino fa da spartiacque. «Forse un mondo onesto non può esistere ma chi ci impedisce di sognare?», scriveva prima. Dopo invece: «Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino sei morto per cio' in cui, ma io senza di te sono morta».

Basta retorica antimafia

L'appello lanciato dalle figlie di Paolo Borsellino ad abbandonare la retorica delle celebrazioni è lo stesso che ripete l'associazione Rita Atria: «L'antimafia - spiegano - non si esercita con la retorica istituzionale, con le commemorazioni una volta all’anno, con facili slogan, ma praticando la memoria attiva, denunciando, documentando, dando voce, sostegno e solidarietà concreta alle vittime, lottando ogni giorno per cambiare un sistema di valori che ha preso il sopravvento e che puzza di quel compromesso morale, di quella indifferenza, di quella contiguità e quindi della complicità di cui parlava Borsellino». «Il dubbio di Rita - aggiunge il regista Nevano - se può un mondo onesto possa esistere o sia solo in sogno è la domanda più attuale, mentre celebriamo la morte di Borsellino, e la più urgente. Sinceramente non so rispondere».

26 luglio 2017 (modifica il 29 luglio 2017 | 13:36)

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